Concita, invece di parlare, facciamo (insieme) inclusione!

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Gentile Concita de Gregorio,

Le scrivo a nome di una di quelle associazioni che si occupano di “handicap”. Oggi si chiama disabilità, ma non importa: anche se la forma è spesso sostanza, non è sulla forma che vogliamo oggi soffermarci.

Il Suo articolo del 4 agosto ha suscitato già tante proteste: le stesse che troppo spesso ci troviamo spesso a sollevare, come associazioni che difendono i diritti, la dignità e l’inclusione delle persone con disabilità. Perché se l’inclusione sociale ha compiuto, negli ultimi 40 anni, tanti passi avanti, il pensiero e la cultura, purtroppo, ancora restano indietro. E non si tratta solo di parole sbagliate, o di “politicamente corretto”, come lo definisce Lei: il problema è il diffuso approccio alle persone di cui ci occupiamo, dal 1979, come associazione e, la maggior parte di noi, anche come genitori. Per esempio: quando scrive che “i cerebrolesi sono persone meravigliose, afflitte da un danno”, è lì che ci infligge il colpo di grazia.

I nostri figli e le nostre figlie, i nostri ragazzi e le nostre ragazze, questi uomini e queste donne – perché anche loro, a un certo punto, diventano adulti, anche se difficilmente vengono considerati tali – sono “meravigliosi” e “afflitti” né più né meno di quanto lo sia ciascuno di noi: hanno virtù e vizi, difetti e talenti. L’Associazione Italiana Persone Down lavora al fianco di queste persone, per assicurare a ciascuno la possibilità di coltivare le proprie capacità e i propri sogni e trovare il proprio posto nel mondo: un posto da protagonista, non da spettatore. Prima la scuola, poi il lavoro, poi la vita indipendente, possibilmente con la persona amata: questi sono i passaggi in cui accompagniamo queste persone, giorno dopo giorno.

Le Sue scuse ci sono piaciute forse meno del Suo articolo: ci sentiamo un po’ offesi anche noi, inutile nasconderlo, ma quel che ci sta a cuore, oggi più di ieri, è fare in modo che non dobbiamo più leggere, o sentire, dichiarazioni che alimentino lo stigma e la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità cognitiva.

L’AIPD si batte da oltre 40 anni per i diritti delle persone con sindrome di Down e con altre disabilità cognitive. Continueremo a farlo con forza e determinazione, perché crediamo che tutti abbiano diritto a vivere una vita piena e felice, indipendentemente dalle specifiche condizioni.

Vogliamo quindi offrire a Lei, al Suo giornale e a tutti i Suoi colleghi giornalisti la nostra collaborazione, perché siamo convinti che questi “scivoloni”, sui quali spesso ci troviamo a intervenire, derivino da una conoscenza insufficiente e inadeguata del nostro mondo e di quei “cerebrolesi” a cui, ogni tanto, fate riferimento. Ci piace ricordare quando, due anni fa, proprio Lei ha apprezzato e rilanciato una delle nostre campagne, dedicate proprio alla conoscenza che nasce dalla “connessione”.

Per questo, vogliamo metterci a vostra disposizione, per promuovere insieme la comprensione, il rispetto e l’inclusione delle persone con disabilità cognitiva: noi un paio di idee le abbiamo già e la Giornata nazionale del 9 ottobre potrebbe essere un’ottima occasione per provare, insieme, a fare una nuova, buona comunicazione: scriveteci, telefonateci, passate a trovarci. Scoprirete che i “cerebrolesi” non sono sempre afflitti o meravigliosi e normalmente non distruggono monumenti per scattarsi un selfie. Noi, da parte nostra, continueremo a stare al loro fianco, per costruire, per loro e con loro, un mondo migliore per tutti noi.

Gianfranco Salbini
Presidente Associazione Italiana Persone Down ets-aps

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Source: Feed rss Aipd Nazionale

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